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MIO ZIO D'AMERICA
(MON ONCLE D'AMERIQUE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 maggio 1981
 
di Alain Resnais, con Nicole Garcia, Gérard Dépardieu, Roger Pierre, Pierre Arditi (Francia, 1980)
 
Originalità. Come molti ormai sapranno il film nasce dalla figura e dalle esperienze di un celebre biologo francese, Henri Laborit. Che ci ha spiegato (fra l'altro) come sul nostro comportamento quotidiano è inutile farsi grandi illusioni. Il nostro cervello è ancora quello del Cro-Magnon, 15.000 anni fa. E ancora, cioè, come quello dei topini sui quali lo scienziato studia il loro ed il nostro modo di agire. Nella vita, o dominiamo, o siamo dominati. E questa situazione provoca due reazioni, la lotta, o la fuga. Se non possiamo fare una delle due cose, ecco nascere l'inibizione. E quindi l'angoscia, la malattia, la follia, il suicidio; e via dicendo. Unica soluzione a questo stato di cose: l'aggressività.

Fin qui Laborit. E' facile capire, per chi si ricorda di HIROSHIMA MON AMOUR, di MARIENBAD o di PROVIDENCE perché queste teorie abbiano tentato Alain Resnais. A Resnais non interessano tanto i personaggi o le storie; quanto i fili che legano questi personaggi e queste situazioni. Le strutture. Costruire sulle teorie di Laborit delle finzioni, delle vicende. Su dei significati, architettare delle storie. E non quello che si fa di solito al cinema: cercare dei significati, sostenere delle tesi, all'interno dei personaggi e delle loro azioni. Resnais, da sempre, è il grande maestro del tempo, della memoria. Il fascino del suo cinema proviene proprio dal fatto di essere riuscito a materializzare queste entità astratte. I suoi film sono delle strutture perfette, delle sfere di cristallo dentro le quali noi riusciamo a evidenziare il passato. Talvolta, anche il futuro. E la poesia di MARIENBAD o di PROVIDENCE nasce dal mistero e dal fascino di questi legami sottili, proiettati in un mondo di fantasia: che risvegliano in noi inquietudini sopite, rimetteno in questione certezze frettolosamente assunte. Anche MON ONCLE D'AMERIQUE è plasmato dalla logica delle grandi costruzioni di Resnais. E ogni istante del film rivela quella che è la sua ragione d'essere: il fascino esercitato sull'autore da una finzione, da una storia, da dei personaggi che evolvono e che, poco a poco, prendono forma: per sposare immancabilmente le situazioni descritte dalle teorie di uno scienziato.

Il caso di una finzione, da una parte; e la logica di un determinismo scientifico dall'altra. Tre personaggi (Nicole Garcia, attrice di teatro, Depardieu dirigente d'azienda provinciale, Roger Pierre burocrate televisivo) che nascono e crescono in modo autonomo; e che il caso (o, appunto, qualcosa che determina il caso?) conduce ad incontrarsi ed affrontarsi. Questi frammenti di vita, ricostruiti per riandare alle motivazioni che spingono gli individui ad agire, questo viaggio dal cervello che ci governa al gesto che tradisce il nostro istinto, finiscono col costruire una specie di puzzle, una costruzione che forza la nostra ammirazione.

Per un film al quale bisogna lasciare il tempo di imporsi tranquillamente nella nostra memoria, non tanto per i suoi singoli momenti, o i suoi personaggi. Ma per gli innumerevoli, infiniti rinvii che ci suggerisce la sua costruzioneone. A prescindere da quella che puo' essere la nostra mortificazione nel vederci privati di gran parte della nostra autonomia di spettattori, c'è un altro pericolo in un film come questo. E Resnais, che è uno dei cineasti moderni piu' lucidi ed intelligenti lo ha compreso perfettamente. A furia dl condurci per mano a quel modo, si arrischia di sfociare in un'opera dimostrativa o didattica. Per ovviare a ciò Resnais ha usato l'arma dell'umorismo: ha fatto recitare gli attori in modo leggermente caricaturale, introdotto delle scene paradossali e,soprattutto, delle sequenze tratte da vecchie pellicole. Che rappresentano Jean Marais, Gabin, Danielle Darrieux, «memorie» di comportamento, modelli del mito in questo caso cinematografico, ai quali i protagonisti del film si riferiscono.

Dire che questo umorismo funzioni appieno sarebbe come sostenere che ogni aspetto dimostrativo, didattico, sia assente dal film. Il che non è vero: per questo MON ONCLE D'AMERIQUE ci affascina, come sempre, per la maestria e l'intelligenza dl Resnais, per la nobiltà di questo suo lavoro tanto lontano dalla volgarità imperante. Ma ci incanta meno di PROVIDENCE: dove a tutto ciò si aggiungevano i sussulti dell'ignoto, le folgorazioni della poesia.


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